sabato 23 novembre 2013

Breaking Bad - Quinta stagione

Anno: 2012-2013
Attori: Bryan Cranston, Aaron Paul, Laura Fraser, Jesse Plemons, Michael Bowen

Dopo quattro stagioni, una più bella dell’altra, si è arrivati alla stagione conclusiva. Sostanzialmente la stagione è stata divisa in due parti di otto puntate, una prima parte caratterizzata dall’ingresso di nuovi personaggi e con il colpo di scena finale all’ottava puntata che anticipa la seconda splendida parte. Il fatto di dividere la quinta stagione in due parti con quasi un anno di lasso di tempo è imputabile al fatto che registi e sceneggiatori abbiano deciso di prendersi il giusto tempo per concludere al meglio la serie, per non buttare al vento tutto quello di buono che era stato fatto, a differenza di Dexter, per esempio.
Lydia interpretata da Laura Fraser
Nella prima parte vengono introdotti personaggi come l’astuta Lydia, zio Jack e il nipote Todd, e nel mentre il nostro caro Walter White, più che white sta sempre diventando sempre più black. E Pinkman ormai è sempre più pink.  La seconda parte è un colpo di scena dietro l’altro, un continuo vortice di eventi verso la distruzione più totale, continui contrasti tra i vari personaggi che prima o poi sarebbero dovuti succedere. Da sottolineare la bravura dei sceneggiatori nel mantenere l’equilibrio tra fantasia e senso logico fino alla fine e non era facile, problema nel quale potevano cascarci. Il finale ne è un fulgido esempio.
Per quanto concerne l'interpretazione degli attori, il livello è sempre alto, come nelle precedenti stagioni, e anche le new entry, sopra citate, hanno fatto la loro parte al meglio. E anche la piccola neonata che interpreta Holly è stata eccezionale. 

Non ho visto tante serie televisive, ma non serve la laurea in cinematografia per capire che siamo di fronte ad un prodotto di spessore che mette praticamente tutti d’accordo, quando una marea di opinioni tendono ad un dato di fatto. Giù il cappello!

Walter White interpretato da Bryan Cranston

martedì 12 novembre 2013

Io lo chiamo cinematografo

Verso la fine di Agosto vidi questo libro, e come consuetudine, prima lo guardai,
e dopo aver letto  qualche riga per intuire il valore del libro che mi parve subito buono, decisi di comprarlo. Tornai a casa, e mi resi conto di un problema non di poco conto: non avevo mai visto un film di Francesco Rosi!
Dovetti ovviamente risolvere il problema e prima di iniziare il libro di slancio guardai “Uomini contro”, “Le mani sulla città” e “Salvatore Giuliano”. In tempi successivi vidi “Cadaveri Eccellenti”, “Cronaca di una morte annunciata” e “Dimenticare Palermo” permettendomi cosi pagina dopo pagina di leggere il libro in modo scorrevole. Purtroppo solo in un tempo successivo ho visto “La sfida”, il suo primo lungometraggio, se si esclude il “Kean” diretto insieme a Vittorio Gassman.
Il libro si dipana su un’intervista a Francesco Rosi da parte di Giuseppe Tornatore, partendo dall’infanzia del Rosi fino ad arrivare ai giorni nostri. Interessanti i vari aneddoti che hanno caratterizzato la carriera del Rosi, la vita sentimentale, i progetti non andati in porto, il suo periodo di aiuto regista con Visconti (e difatti prima di leggersi il libro, occorre vedersi almeno “La terra trema” e “Bellissima”), tutto facilitato dall’affiatamento fra i due registi.
Il libro ve lo consiglio perché si entra in contatto con un mondo cinematografico che in qualche modo non c’è più (a quanto pare una volta il cinema era una gran famiglia, ci si sentiva spesso fra registi, attori, ci si faceva favori come quando Rosi ancora a non riprese finite de ”Le mani sulla città” mandò di corsa da Fellini per “8&1/2” il suo direttore di fotografia Gianni di Venanzo), ricco di aneddoti (alcuni divertenti come quello riguardante Orson Welles e Peter O’Toole), utile per conoscere meglio “quasi” dal di dentro la storia del cinema italiano o meglio di un certo tipo di cinema (cinema di genere drammatico di stampo neo-realista/realista), il rapporto umano tra produttori e registi, per interessarsi anche ad aspetti tecnici del mondo cinematografico ma ricordate: non iniziate il libro se non avete visto almeno una decina di film del Rosi più quei due di Visconti, altrimenti diventa un bel mattone, ma pur sempre un mattone!  
Infatti qualche pagina me la sono riletta……:)

giovedì 7 novembre 2013

Gravity


Regia: Alfonso Cuaròn
Attori: Sandra Bullock, George Clooney
Sceneggiatori: Alfonso Cuaròn, Jonas Cuaròn
Anno: 2013

E’ un periodo che guardo film italiani anni 50, 60, come “Riso amaro” di Giuseppe de Santis, “Ossessione” e “Il Gattopardo” di Visconti, qualche vecchio classico come “Il mucchio selvaggio” di Sam Peckinpah e di conseguenza non avevo ancora iniziato la nuova stagione cinematografica. Dato che avevo interesse a vedere questo film in 3D, ho deciso di guardarlo. La domanda principale è: finalmente il 3d avrà un senso? La mia personale risposta è un po’ si un po’ no!
La prima parte è perfetta: il 3d si sente, ha un suo peso, sembra di stare effettivamente li, insieme ai protagonisti, a soffrire con loro. Anche le musiche sono adatte al contesto e inserite al momento giusto, con quella “bella” sensazione di cupo che preannuncia il cataclisma. Azzeccato il contrappunto fra il gaudio George Clooney e la pessimista Sandra Bullock. Dove sta il problema, almeno per quanto mi riguarda, sta proprio nella sceneggiatura: per come si evolve la trama, non può che sopraggiungere la noia. E difatti le innovazioni di questo film, stanno tutte nella prima parte, perché dopo è già tutto scritto e visto. Nella seconda parte il 3d quasi svanisce, e si sente giusto nelle lacrime della Bullock, nelle goccioline che fluttuano nello spazio.  

In conclusione, sono rimasto contento a metà: secondo me, si poteva fare meglio. La sufficienza gliela do, però rimane la sensazione del “Si poteva fare di meglio”, quindi un po’ un’occasione sprecata.